martedì 2 febbraio 2010

Seduti sul Confine

Certe volte ce ne stiamo sul Confine, a guardare i treni passare, con dentro la Vita che scalpita. Ci sono giorni in cui dondoliamo le gambe come bimbi innocenti, col sorriso sulla bocca, con le mani sotto le cosce, seduti su quel ramo sospeso. Ci sono giorni in cui ci raggomitoliamo sulle ginocchia, abbracciandoci forte le spalle, a testa bassa. Quando diluviano goccioloni, o quando il vento gelido dell’est ci frusta le orecchie. Tentiamo di ripararci, mentre da lassù osserviamo la Vita che viaggia. La Vita che urla, freme, dorme, esplode e subito si placa. La Vita che si muove, mentre noi stiamo fermi, fermi su quel ramo. Fermi, ad osservare. Spettatori stranieri. Spettatori alienati.

Alle volte è anche un gran bel vedere da lassù. Panorama, grandi monti, bei fiumi sì, ma c’è altro. C’è un Profumo che s’intravede, un Suono che s’assapora. C’è un Qualcosa-Di-Più che va al di là. Al di là “di cosa” non saprei dire. Intuisco solo che quel Qualcosa ha il coraggio di andare oltre, di frantumare quel sottile alone di umidiccio incrostato sulla pelle del mondo. Ed è bello, meravigliosamente bello riuscire a vederlo, di sfuggita. E poi perderselo, lasciarselo sfuggire per ricercarlo nei volti dei bambini, in un fiore che sboccia, nel sorriso di una donna. Farselo scivolare via dalle mani, e rincorrerlo nelle piazze, nelle case, là dove la Vita prende corpo.

C’è solo da fare un Salto, un piccolo grande Salto per scendere giù da quel ramo. Scendere giù e cominciare a rincorrere quella Vita intravista, ma nascosta. Non è una roba così semplice, così immediata: si ha paura di farsi male, a gettarsi dall’alto. Alla fine è comodo restarsene sul ramo, a guardare la Vita da lontano. E’ come stare un’intera esistenza a guardare film, su film, su film. Miliardi di storie passerebbero da quegli occhi sognanti, ma mai nessuna volerebbe via dalle dita della mano, attraverso linee curve d’inchiostro. Una gran tristezza.

Ma non sempre si ha la forza, l’audacia di andare a ri-cercare quella Vita smarrita. Ci vuole faccia tosta, incoscienza per mettersi a correre come bambini in una via che pullula di persone. E lì cercarla spasmodicamente, guardare dietro sorrisi, dietro coni di gelato che grondano liquefatti, dietro una paletta più grande della mano di una bionda fanciulla.

A volte si preferisce restare su quella Linea di Confine, su quel ramo sospeso fra Vita e Morte, fra Vivere e Non-Vivere. Si può rimanere una vita a coccolare semi mai piantati, ad ammirare la potenzialità irrisolta di uno spirito sublime. Si può contemplare la nostra ombra alle spalle, per gioco. Si può parlare alle nuvole con l’eleganza del condizionale e la saggezza del congiuntivo, ma non ci sarà mai un indicativo presente a renderci onore di quel che Siamo, e non di quel che Potremmo Essere. Non si può vivere una vita potenzialmente, per paura di saltare giù. Per paura di graffiarsi la coscienza e non dormire la notte. Per paura di vedere sgocciolare sullo stinco un denso rivo di sangue.

La Vita abita persino le Schifezze. Anzi, forse ama nascondersi proprio lì dentro. Lì, in quel dialettico tribolarsi di gioia e dolore, di pienezza e amarezza. E’ tutto un dinamico rimescolarsi in un singolo momento che sa di eterno. E gli occhi, gli occhi lo gridano con orgoglio. Gli occhi che hanno corso, faticato, ansimato fino allo stremo e che ora riposano in un cantuccio a leccarsi le ferite. Quella è Vita Vera, Vita incontrollata, libera da catene. Quella è Vita Consapevole, capace di accettare l’idillio e la caduta nella melma.

La Vita, per noi che la guardiamo da quel ramo sospeso fra cielo e terra, è solo una grigia pellicola di altri. Non sa di Altro, Appartiene ad altri. Non a noi, ad altri. Non è un “di più” ma un “di loro”. E basterebbe saltare giù, imprecando per il dolore dell’atterraggio, per rendersi conto che da quel ramo si può solo Guardare, senza mai Vivere.