giovedì 12 novembre 2009

Meschini o Disperati?!

Disperati. Piccoli Meschini Disperati. Noi.
Noi che usiamo la penna. Noi che svuotiamo decine di litri d’inchiostro su pagine innocenti. Pagine che non hanno fatto niente per meritarsi tutto questo rovesciamento di rabbia mista a sconforto.
Noi che cerchiamo di capire qualcosa di questa strana vita e –nel frattempo- vomitiamo addosso al mondo sproloqui privi di senso. Siamo dei Disperati, diciamocelo in faccia.
Non capiamo nulla di quello che sotto sotto succede. Dovremmo forse non provare neanche a guardare sotto la coperta. Dovremmo farci meno domande e procedere sul sentiero. Ordine e disciplina: in culo le obiezioni.
Invece No. Siamo Disperati a tal punto da cercare con spasmodica bramosia qualche stramaledetta Chiave di Volta. Una pietra che non si trova o che –forse- proprio non c’è. E intanto consumiamo ore a noi concesse nel frugare fra carte ingiallite, fra fogli volanti, fra appunti strappati.
Ma a noi non piace essere dei Disperati. Ci vediamo brutti e la gente poi ci guarda male. Noi vogliamo essere Normali, come tutti gli altri, come buona parte del mondo. –Ci sarà pure un Rimedio!- alla volte ci convinciamo. E così, nel disperato tentativo di Ordinare, sistemiamo il mondo, a parole nostre. Con quelle Parole che tanto amiamo e che tanto ci consolano quando qualcosa non va, quando il sole non è più qua.
In realtà –meschini- non ci rendiamo conto che è solo un futile banalizzare, un bieco piegare la Realtà a quello che è il nostro immediato Bisogno. Ordine, puro e assoluto Ordine. Sarebbe troppo semplice. Non si prende in giro il Caos. Quel nostro magniloquente “leggere il mondo” è solo una spregevole Creazione di un mondo a-nostra-immagine-e-somiglianza. La Vita non è così ordinata. Ma –a noi Disperati- così piacerebbe.
Raccontiamo di sentimenti, di amori, di gioie e dolori. Ma quel che scriviamo non è che una briciola del vorticoso travolgimento in cui si incunea la Vita. Il linguaggio non fa altro che esplicitare –banalizzando- quello che dentro di noi imperversa. Pagine e pagine e pagine per acciuffare un atomo dell’intera bomba che in un attimo davanti a noi esplode. Uno Sguardo, un Profumo, un Movimento, il Colore di una Pelle. Ci vorrebbero anni per mettere tutto su un foglio. Tutto quello che in Quell’Attimo ci ha travolto. Intanto ce lo saremmo già dimenticato –o reinventato-.
Anche questo è un viscido tentativo di sistemare ciò che in noi è totalmente ribaltato. Siamo questo: Caos Totale. Beati coloro a cui la disperazione ha risparmiato questa sorte. Noi, veri Disperati, tutte queste cose ci infastidiscono. Le sentiamo, ma non vorremmo sentirle. Le vediamo, ma non vorremmo accorgerci di loro. Vorremmo una vita in cui la sera si va a dormire tranquilli e la mattina ci si alza senza troppo domandare. Vorremmo Meno. O vorremmo Di Più. Non saprei quantificare.
Noi Disperati abbiamo bisogno del Tempo Ordinato. Vorremmo capire il principio di causalità. La reazione uguale e contraria che segue ogni azione. La logica conseguenza a tutto quel che ci accade. Peccato che il Tempo non sia Ordinato, né tantomeno cronologico. Il Tempo è un nostro Schema. Una geniale soluzione catalogatrice che abbiamo trovato per strutturare l’andare dell’esistere. Ci siamo salvati con l’idea del Tempo. Ci meritiamo un applauso.
E’ brutto rendersi conto di questo. Intuire che quello che ieri era un mondicino bellino e ritmato oggi si scopre un Ordine Fattizio. Non lo abbiamo ricevuto, non è sempre stato così. Lo abbiamo dato Noi quest’ordine. O così lo percepiamo. Per un altro tipo di essere –probabilmente- la cosa funziona in maniera ben diversa.
Indi per cui non c’è troppo da domandarsi se si vuole andare a letto e dormire. C’è da camminare in silenzio. Punto e basta. Quello che vediamo è una nostra Creazione, non facciamoci caso però.
Ma noi Disperati non siamo così. Probabilmente se le cose andassero come realmente vorremmo non staremmo qui a chiederci Perché. Viaggeremmo nella corrente come il resto degli uomini fa a giusta ragione. Però quest’Oggi a noi non piace. E ci fermiamo. Ci stacchiamo e guardiamo la trottola frullare da fuori, dall’esterno, rendendoci conto di essere su una giostra quasi impazzita. Impazzita come il Tempo, il che ti fa pensare all’inevitabile necessità di tutta questa pienezza insulsa. (Se il Tempo è pazzo, anche la Vita dovrà esserlo).
Noi, Disperati insoddisfatti, scappiamo nelle parole per ricevere due coccole. Per sentirsi importanti. Per avere un posto tutto nostro. Per redimere un’abulica esistenza ad un volgersi diverso. Siamo Rivoluzionari: usiamo la nostra arma per riprenderci un po’ di Dignità. Quella che vorremmo ci spettasse, forse.
Intanto –celatamente- piangiamo, beliamo, battiamo i piedi. Tutti. Chi parla di gioia, di bambini, di tristezza, di suicidi, di solitudini. Tutti piangiamo. Tutti siamo Disperati: ognuno ha le sue forme più o meno limpide di manifestarsi. Guardiamoci dritti nelle palle degli occhi e raccontiamoci quello che siamo. Cosa sentiamo. Cosa vogliamo. E l’inevitabile asimmetria fra desiderio e ottenimento.
Chi scrive è un Meschino. Un Disperato Meschino. Non andiamo a fargli troppi onori. Non incensiamolo troppo. In realtà conta meno di zero: il mondo sotto sotto lo sa.

domenica 1 novembre 2009

Ritornare a Fare -mentre la Vita si compie-

A volte ci arrivano Voci. Voci volanti per l’aria frizzante, trasportate da un forte vento da est che tutto spazza, che tutto solleva. Ci entrano nell’orecchio senza chiedere il permesso e cominciano a ronzare. Ronzare e fischiare. Ronzare e sibilare. Senza posa.
Non si capisce bene cosa sia, o cosa voglia dire. Avvertiamo solo un Movimento, una Spinta violenta che ci schioda dal nostro posticino. Una forza che ci turba, ma che ci scuote. Ci mette in cammino. Non si sa bene cosa voglia dire tutto questo casino in testa. E non c’è neanche da provare ad ascoltarla, sarebbe tempo perso. E’ entrata -punto e basta.
E qui non si tratta di fermarsi e provare a capire. Si butta via pezzi di vita. C’è da Fare, da Camminare. Non importa Cosa o Perché o Come: l’essenziale è Fare. Semplicemente.
E’ l’Azione che porta al movimento. La stasi ti lega ai paletti e ti lascia lì, come un cane abbandonato. Una trasformazione, un’illuminazione –se si vuole- arriva solo muovendosi, faticando, sudando. Ricordo sempre mister Brunino che saggiamente mi gridava “Se non vai Incontro alla palla non la vedi mai!”. Anche nel gioco del calcio c’è da Andare Incontro, c’è da Muoversi, da Farsi Vedere.
Con le botte è un po’ la stessa cosa. Ci si rialza ri-imparando a Fare. Ma non è strettamente necessario costruire o fabbricare qualcosa. Non parlo di un’idea di Fare come produzione utile o –comunque- sensata. Anche giocare con un bimbo, prepararsi un dolce, correre con un cane è Fare.
Fare è tutto ciò che ci smura dalla nostra malinconica poltrona e ci sbatte fuori di casa, nel mondo. Fare ci richiede impegno, ci mette in gioco, ci chiede di accendere la testa.
Non necessariamente si tratta di cose prettamente materiali. Non necessariamente. Un po’ di pragmatica attività aiuta infatti a riscoprire la Concretezza della Vita. Impastarsi le mani nella farina. Pulire i vetri di casa. Scrivere una lettera ad un amico. Cercare una Poesia. Son cose piccole, semplici, forse futili. Ma son queste che ci fanno smuovere, che restituiscono dinamismo ad un’abulica quotidianità infeltrita di amarezza. Non sono i grandi gesti, i grandi eventi a rimetterci sul sentiero. Ci danno forse una spinta: poi sta a noi riprendere lo zaino in spalla e prendere la strada, Tutti i Giorni.
E’ nella Quotidianità che si ritrova il Gusto per la Vita. Un po’ di Attenzione e un pizzico di Meraviglia. Attenzione verso chi ti sta accanto, verso cosa ti succede di fianco. Meraviglia per la straordinarietà dei giorni. E’ assurda la nostra grandiosa capacità di sottovalutare l’esistenza, perdendosi la magia dello scorrere del tempo. Ogni giorno si compiono accanto a noi silenziosi miracoli che neanche percepiamo. Non vediamo il Gusto in un sorriso, in un pianto, nel fare la spesa, in un fiore che sboccia, in una foglia che cade. Non spalanchiamo gli occhi quando la pioggia scroscia, quando nostra mamma ci saluta, quando un fuoco muore a notte fonda.
Noi e la nostra società le consideriamo Sciocchezze, inutile orpello, superfluo dettaglio. Ma cosa c’è di più Grande, di più Bello della Vita che in ogni attimo si compie?
A contatto con Questa Vita che va compiendosi ci mettiamo in moto. Infatti, è camminando che Si Cammina. Vivendo –appunto- che Si Vive. Amando che Si Ama. Sembra una cosa scontata, son d’accordo. In realtà spesso si Pensa di fare certe cose. In realtà le stiamo solo Pensando e Non –realmente- Facendo.
Sappiamo tutti che il binomio “E’ Pensando di Amare che amo” non regge. Non c’è versi. Regge forse nella nostra testa, ma non sgorga dalle nostre mani, dai nostri occhi, dalle nostre labbra. Si impiglia fra i nervi, non sgorga in gesti. E questo perché l’Amore chiede, pretende e reclama la potenza dei Gesti, l’essenzialità delle Azioni. Le idee restano solo ottimi propositi.
Il Pensiero serve a Riconoscere la Vita, a Sistemarla, a Riordinarla per –poi- Progettarla. Tutto buono, tutto utile. Ma è Vivendo che si costruisce la Vita. Essa non dimora nel Pensiero. Il Pensiero non ha tempo. Sistema e aiuta a fare ordine in ciò che si è vissuto. Ma è la Vita stessa che ci fornisce tutta questa ricchezza d’argilla da modellare.
E tutto si nasconde dietro al Fare. Dietro ad un Fare semplice, ordinario, quasi primitivo. Non crediamo che sia Fare CHISSA’ COSA. Anche il semplice e immediato Stare è un piccolo –diverso- modo di Fare.
Stare in silenzio. Stare a guardare. Stare ad ascoltare. Stare a contemplare un volto, una rosa o la gente che passa. Stare e Stare in Ricezione, aperti, attenti alla Vita che si compie.
Non è un cambiamento drastico. Non è niente di più che un Ritornare a Sé. Un ritorno alla Vita Materiale, alla concretezza, alla quotidianità. Ciò a cui è –da sempre- asservita la Vita Ideale. “Ribaltare i Rapporti” diceva un lottatore. Il rischio –mio- si concretizza tutti i giorni. C’è da starci attenti, e anche parecchio.
L’importante è avere sempre il Pensiero come Mezzo. E la Vita come unico, vero, sostanziale Fine.